La storia delle “Casette dell’acqua” a Roma, ebbe inizio quando Irace e Tomasetti (ex Acea) durante il Giubileo, ebbero questa idea al fine di “rifare il make up” all’azienda che si trovava in un momento in cui la propria reputazione era, diciamo pure, opaca
Acea prese dalle bollette idriche dei romani ben 3 milioni di euro, per un servizio commerciale per il quale ottenne, senza gara, l’affidamento di 100 casette nel Comune di Roma. Per finanziare questo servizio commerciale è stata utilizzata la tariffa del Servizio Idrico Integrato, a noi di Codici apparve da subito una iniziativa lesiva per il consumatore, tanto è vero che abbiamo fatto sulla questione un esposto all’Antitrust nel 2014 e che adesso abbiamo occasione di reiterare.
L’unica “casetta dell’acqua” operativa a Roma che abbiamo avuto modo di contemplare, è stata quella posta sotto Acea a piazzale Ostiense, dove gli alterati cittadini appena usciti dagli sportelli dell’azienda dopo essere stati in coda, potevano ristorarsi.
Le casette sono sparite da Roma, dopo che però il solito bancomat di questo Paese, ovvero il consumatore, aveva pagato, attraverso la tariffa idrica, i 3 milioni di euro per questo servizio commerciale. Questo anche grazie ad una delibera dell’Ato2, che inserì nella tariffa dei romani la porzione destinata al suddetto servizio.
Codici è fermamente contraria alle “casette dell’acqua”, a meno che non siano i privati in regime di libero mercato ad offrire tale servizi, ma certamente in luoghi non pubblici e non attraverso risorse pubbliche, così come avviene per le famose macchinette degli snack.
“Siamo delusi dall’attività dei 5 Stelle in merito alla questione del servizio idrico, che fino ad ora ha dimostrato incompetenza, incoerenza e lassismo”, afferma Codici. “Sentiamo ripetere come un mantra che l’acqua deve essere pubblica, ed invece internamente alla Società Acea, per il 51% di Roma Capitale, si sta semplicemente sostituendo il PD con il Movimento 5 Stelle per gli incarichi di dirigenza”. Ma ci chiediamo: sono in grado di mettere mano ad una materia così difficile e tecnica come il servizio idrico?
L’emblema è il caso di Frosinone, dove mediamente ogni famiglia paga 2000€ all’anno di acqua, ovvero più di un consumo annuo di gas metano. Eppure, fin dal suo insediamento il Movimento, “socio di maggioranza”, non ha mai espresso una sola parola sul recesso del contratto che i ciociari vogliono nei confronti di ACEA. Oppure a Civitavecchia, altro caso dove i proclami dei 5 Stelle sono incentrati sull’acqua pubblica, ed oggi che l’affidamento deve essere dato integralmente ad Acea “gestita” dal Movimento, possono essi stessi realmente dar seguito alle loro dichiarazioni, ed invece per ora nulla di fatto.
Chiediamo alla Raggi: che in primo luogo intervenga con una vera politica di gestione dell’acqua, in secondo luogo chi stia decidendo sull’acqua a Roma ed infine chi sono le persone interne all’azienda che si occupano della materia, sono competenti?
Ad oggi non abbiamo visto alcun miglioramento in seguito agli interventi del Sindaco Raggi e dei suoi consulenti sul servizio idrico, pertanto: c’è qualcosa di concreto dietro gli slogan?
Cosa aspettano ad intervenire, siamo stanchi di vedere bollette maxi di famiglie romane e della provincia, da parte di un’azienda partecipata per il 51% dal Comune. Siamo curiosi di sapere se esiste un piano di intervento per la rete idrica regionale, se sia chiaro cos’è un ente d’ambito o una tariffa.
Questa è una materia che si affronta con serietà, competenza e tecnica, non ci pare che il servizio idrico, di depurazione e fognatura siano all’altezza di quelli di un Paese europeo.
Ci basterebbe che per il momento pervenga un segnale dalla Raggi, in qualità di presidente dell’Autorità d’ambito Ato2, che proponga una revoca della delibera che prevede che i soldi delle “casette dell’acqua” siano in carico alle tariffe pagate dai poveri e già assetati cittadini romani e laziali.
Alleghiamo esposto AGCM del 2014
Dott.ssa Carla Pillitu,
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