Per la Cassazione, però, la povertà non giustifica nessun alluccio abusivo.
L’eletticità non è indispensabile alla vita, non mette a rischio l’esistenza e procura “agi e opportunità”, dunque non è giustificato il furto.
Pur non giustificando alcun comportamento contrario alla legge, tale sentenza spinge ad una riflessione più profonda.
Molti anni fa, volendo nazionalizzare il sistema elettrico, l’energia elettrica è stata ritenuta un bene essenziale.
Ora, se l’elettricità non è un bene indispensabile, se non si tratta più di bene essenziale, la sua fornitura non può più considerarsi nemmeno un “servizio di pubblica utilità”.
Nelle bollette elettriche degli italiani, infatti, è presente una lunga lista di voci, soprattutto legate alla distribuzione e al dispacciamento dell’energia, che lasciano chiaramente intendere come l’energia venga considerata un servizio pubblico.
Questa sentenza comporta una serie di conseguenze: viene a cadere tutto il sistema delle tariffe pubbliche ad iniziare dalla nazionalizzazione dell’Enel dal 1962 in poi, per arrivare alla legge 481/95 e al bonus sociale.
Sarebbe forse necessario – dichiara Luigi Gabriele Affari Istituzionali Codici – porre un ragionamento di rivisitazione complessiva che coinvolga l’intera infrastruttura degli oneri per i cosidetti servizi pubblici essenziali. Magari liberalizzando servizi che vengono definiti pubblici, come la distribuzione e il dispacciamento. Essi andrebbero completamente riorganizzati, nella loro struttura giuridica e soprattutto nel loro peso sulle bollette(quasi il 30% del complessivo). Magari liberalizzando alcuni servizi di ultima istanza come il meetering ed efficientando la distribuzione e il dispacciamento, che oggi altro non sono che rendite, mascherate da servizio pubblico.
Fonte: CODICI:
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