Come spesso accade in Italia, sempre più diffusamente negli ultimi anni, ci si ritrova paradossalmente a dover pagare pur di raggiungere la chimera di un lavoro, ma peggio ancora quando ci si ritrova ad essere indebitati dopo questa illusione perché truffati.
Ecco cosa è successo a degli associati di Codici:
l’iniziativa giudiziaria era stata avviata nel 2015 dopo le denunce pervenute all’associazione CODICI LECCE da parte di ben dodici consumatori, i quali lamentavano di essere stati inseriti nel sistema creato da tre società con la promessa di una proficua sistemazione lavorativa, sostanzialmente pagare per lavorare, salvo poi ritrovarsi acquirenti di corsi formativi costosissimi ed estranei all’oggetto dell’attività, finanziati con effetti cambiari e o finanziamenti al consumo.
Codici chiese il sequestro conservativo delle cambiali che erano state fatte sottoscrivere ai malcapitati, in primo grado il Giudice non accolse la nostra domanda, facemmo reclamo contro quel provvedimento e il Collegio del Tribunale di Lecce ci diede ragione. Dopodiché, proposta la denuncia penale per molti di questi associati, furono rinviati a giudizio i legali rappresentanti delle due società che organizzavano insieme questi corsi formativi. Persone adescate con la prospettiva di un lavoro remunerativo, in realtà una volta introdotte nel sistema, all’interno del quale per salire attraverso i livelli della piramide dovevano pagare tanti soldi per dei corsi di formazione, si sono ritrovate indebitate per lavorare. Si sono rivolti a queste società che non avevano un lavoro, ed ora si ritrovano indebitati per decine di migliaia di euro, debiti confermati da cambiali sottoscritte in bianco.
Ma la cosa che sconvolge noi di Codici è che, per difendere questi cittadini da questa truffa multipla, Codici ad oggi, ha chiesto la costituzione di parte civile e il giudice sorprendentemente non ha qualificato le vittime di questa truffa piramidale come consumatori, seppur la materia sia regolata dal Codice del Consumo. Quindi sussiste una contraddizione in termini.
Ulteriore danno, il fatto che le parti civili estromesse, come Codici in questo caso, non possono fare ricorso in Cassazione, perché la Cassazione dice di andare in sede civile.
Codici è stata estromessa, perché nella vendita piramidale il giudice ritiene che gli “adescati” siano professionisti e non consumatori, nonostante la legge 173/2005 sia posta a espressa tutela di questi ultimi, nonostante in tal senso l’art. 23 lett. p) del Codice del Consumo ritenga ingannevoli le pratiche dirette a “avviare, gestire o promuovere un sistema di promozione a carattere piramidale nel quale il CONSUMATORE fornisce un contributo in cambio della possibilità di ricevere un corrispettivo derivante principalmente dall’entrata di altri consumatori nel sistema piuttosto che dalla vendita o dal consumo di prodotti”, per questo Giudice erano professionisti e non consumatori.
La legge 173/2005 che recita “Tutela del CONSUMATORE dalle forme di vendita piramidali”, chi tutelerebbe allora? Davvero incredibile. In sostanza si sta procedendo in base ad una normativa che già nel titolo Tutela i consumatori, mentre il giudice esclude Codici perché ritiene che questi soggetti non lo siano, davvero un’assurdità.
“Basta con questi provvedimenti pretestuosi dei giudici, ovviamente Codici non si fermerà ed inizierà a fare i ricorsi in Cassazione, perché quest’ultima deve e dovrà necessariamente cambiare orientamento”, afferma Ivano Giacomelli – Segretario Nazionale di Codici.
Fonte: CODICI:
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