Intervenendo, il 23 agosto, a Lindau, in Germania, alla riunione dei primi Nobel, il banchiere centrale, in un discorso tutto dedicato all’interdipendenza tra la ricerca economica e le politiche concrete, si è limitato a segnalare, in una chiave storica, la portata delle sfide per la politica monetaria.
“Quando il mondo cambia come ha fatto dieci anni fa le politiche, specialmente la politica monetaria, devono essere adattate. Tale adattamento, mai facile, richiede valutazioni oneste senza pregiudizi sulla nuova realtà con sguardo libero, non gravato dalla difesa di paradigmi precedentemente osservati e che hanno perso ogni potere esplicativo. Dobbiamo essere consapevoli dei vuoti che permangono nella nostra conoscenza”.
Porc… l’avevo già detto, il 24/3/14. Anzi, proprio quei paradigmi, li avevo già sostituiti.
Essì, già in quell’epoca cerano già notizie gustose che lo facevano presagire: “Cento trilioni di dollari sono tanti, troppi soldi e in soli 7 anni sono lievitati come il pane: dal 2007 ad oggi, il debito è aumentato del 40%, passando da 70 a 100 trilioni.”
E, come per le ciliegie, una notizia tira l’altra:
Secondo la Bri, il “lievito madre” di questo debito sono stati i Governi mondiali e le loro politiche economiche, intenti a salvare il sistema finanziario dal default. Basta guardare la situazione degli Stati Uniti d’America, Paese da cui la crisi ha avuto origine: qui il debito è passato dai 4.500 miliardi di dollari agli attuali 12 mila miliardi.
Poi un’altra ancora:
“Dal 2007 la base monetaria degli Stati Uniti è salita da $800 miliardi a $3.7 bilioni. Quantitative easing come se piovesse”
Fiuuuuuuu, questa maledetta crisi!
Ennò, cocchi, questi non sono gli effetti, queste sono le cause della crisi!
Già, le cause, quelle della strutturale sovraccapacità produttiva che ha imposto dazi al mondo. Cos’altro sono le tecniche di reflazione, messe in campo per dar sostegno alla domanda; che spandono moneta da dare a credito che diventa debito?
Dazi appunto, da pagare per ripristinare il valore di merci altrimenti svalutate.
Tal credito rifocilla portafogli smilzi che acquistano quel che possono: si smaltisce l’eccesso, non scendono i prezzi. Due piccioni con una fava: quella del debito.
Quel debito passato di mano in mano; quando si fa inattingibile diventa debito sovrano. Così si è giunti a bomba.
Ricominciamo daccapo, dall’alterazione del meccanismo di formazione dei prezzi.
In un mercato efficiente, quando la domanda si mostra in eccesso perché i redditi erogati sono insufficienti ad acquistare quanto prodotto, i prezzi scendono, si ripristina l’equilibrio.
In un mercato inefficiente, invece, grida disumane accompagnano il fatto: deflazione, deflazione!
Giammai, gridano i più. Armati di un vecchio paradigma* che accredita i produttori generatori di ricchezza, rivendicano il credito, armando una canizza che confonde valore e prezzo.
Eggià, quando il liquido monetario comincia a scorrere il gioco è fatto: quel valore incontrando un potere d’acquisto dopato, fa un prezzo fasullo; viene così generata ricchezza, altrettanto fasulla.
Venuti al pettine i nodi; indebitati oltre misura gli indebitabili, quella ricchezza, già fasulla, immiserisce.
E quando si arriva alla fine della fiera in un mercato così fatto; liberato dagli anabolizzanti deflattivi, si scorge l’altro, l’inaudito. Un nuovo valore, per un nuovo paradigma, anzi due,** quello delle risorse messe in campo per fare la crescita, impiegate da chi fa la spesa e l’altro, afferma si debba remunerare chi con la spesa remunera tutti.
Ristorato quel valore della spesa, che smaltisce sovraccapacità, viene rivalutato pure quello della produzione.
Toh, pure così due piccioni con una fava ma senza debito!
Ok, il prezzo, quello giusto conviene a tutti, pure per rimettere quel debito già fatto.
Governatore, i paradigmi che dicevo sono quì sotto, ne approfitti.
Buon pro le faccia!
*Il vecchio paradigma recita: Le imprese producono beni, valore che genera ricchezza; creano occupazione, con il lavoro forniscono reddito; danno ristoro ai bisogni.
**Il nuovo paradigma recita: L’acquisto trasforma il valore in ricchezza, la consumazione del prodotto genera input per nuova produzione, viene così fornita continuità al ciclo, sostanza alla crescita. L’altro: “La crescita si fa con la spesa. Così viene generato reddito, quel reddito che serve a fare nuova spesa. Tocca allocare quelle risorse di reddito per remunerare chi, con la spesa, remunera tutti.”
Mauro Artibani
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Fonte: CODICI: Draghi e i nodi al pettine dei vecchi paradigmi
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