Haiti, l'uragano della Fashion Week.

L’isola di Haiti viene spesso tristemente ricordata per gravi catastrofi naturali, colpi di Stato e la pesante povertà dei suoi abitanti, e ultimamente anche per le infelici parole del Presidente degli Stati Uniti d’America Donald Trump che l’ha definita, letteralmente, uno “shithole“.
Ma ad Haiti c’è molto di più di quello che pensa, e soprattutto c’è una grande voglia di mostrare le proprie bellezze.

Da alcuni anni infatti la meravigliosa isola ospita la Fashion Week Haitiana, altamente frequentata da americani ed europei che la frequentano in cerca di nuove idee e nuove ispirazioni.
Nel 2012 il Centre Haïtien d’Appui et de Promotion d’Entreprises (Chape) ha lanciato un ambizioso programma di promozione del settore, con una parte di fondi in arrivo dall’Unione Europea. L’intento è dare una dimensione internazionale alle imprese locali tramite l’evento della Haiti Fashion Week e della scuola di moda che l’ha ispirato, Mod’Ayiti.
Siamo arrivati ora alla quinta edizione, che dopo un piccolo ritardo, ha avuto finalmente luogo nella settimana tra il 28 e il 31 Gennaio 2018 e ha richiamato una quarantina di designer caraibici come David André, Nicholas D’Aurizio e Persida Louison, oltre a una rappresentanza degli Stati Uniti in qualità di ospiti d’onore (forse per riappacificarsi attraverso la moda?) e a marchi francesi e africani, che hanno sfilato confrontandosi sul tema «Moda e innovazione».

Non parliamo ovviamente del livello di lusso esasperato delle Weeks di Milano, Parigi, Londra e New York, eppure il fermento culturale della capitale, Port-au-Prince, sta attirando l’attenzione del mondo, rimanendo strettamente legata alla sua cultura e alle sue particolarità.

A volte si dice che la mancanza di mezzi sviluppa la creatività, ed è proprio questo il caso: colori accesi, spalle scoperte, gonne a ruota e volants sono gli elementi caratteristici ed evocativi del paese sudamericano, presentati attraverso danze tradizionali e adornati da gioielli handmade con tecniche artigianali. Non a caso queste sono il genere di cose che “vanno di moda” in questo momento storico, di rifiuto nei confronti dello “standard” e dell’industria e curiosità nei confronti dell’handmade e dell’artigianato.
Ancora meglio se puoi dire che la tua collana è unica e proviene direttamente da Haiti!
Molti brand, infatti, come il brasiliano Osklen o Toms dalla California hanno intrecciato rapporti con il «made in Haiti», garantendo agli artigiani di sostentarsi economicamente e di preservare le loro skills straordinarie.

La loro cultura è quella che viene rappresentata, a 360 grandi in queste creazioni. Dalle maschere ai quadri, ai decori fatti di perline al crochet, fino alle bandiere e alle immagini rappresentati la loro religione più praticata, cioè il misterioso vudù.
Che cos’è in fondo la moda, se non rappresentazione di un punto di vista sul mondo?
è importante ormai rendersi conto che la moda non è solo quella occidentale, quella di Parigi e New York, ma anche quella che piano piano sta ottenendo l’attenzione meritata. La moda del sudamerica, della Corea del Sud (proprio lo scorso 12 Gennaio è stata organizzata una sfilata da Pitti Immagine in “Concept Korea”, che ha riunito le collezioni Autunno Inverno 2018/2019 dei due dei più interessanti brand dalla Corea Del Sud) e del Sudafrica (già sede della Johannesburg Fashion Week e la Cape Town Fashion Week)

«Da quando abbiamo iniziato a oggi, il mondo si è davvero accorto di noi e ha riconosciuto il valore dei nostri prodotti», spiega Michel Chataigne, coordinatore della manifestazione, nonché lui stesso autore di creazioni presentate alla sfilata.
Questo genere di eventi per Haiti significa affermarsi sulla scena della moda mondiale senza adeguarsi al mainstream, ma onorando la propria individualità e la propria cultura e mediarla in modo da farla arrivare al resto del mondo.



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Haiti, l’uragano della Fashion Week.

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