Un padre attento, presente, che da sempre si è occupato della figlia quasi prevalentemente, anche perché il suo lavoro al conservatorio di Bologna lo teneva impegnato soltanto due giorni a settimana, a differenza della madre, quotidianamente impegnata.
In sede di separazione, nonostante il padre avesse dimostrato di essere stato sempre lui ad occuparsi della figlia e nonostante quest’ultima avesse chiaramente dichiarato di voler restare a vivere con lui, i giudici stabiliscono il collocamento presso la madre.
Il padre, originario di Bologna, è costretto quindi a lasciare il tetto familiare, a Milano, e a ritrasferirsi a casa della madre, a 200 km di distanza dalla bambina.
Se non bastasse la sofferenza per la lontananza dalla bambina, sono le difficoltà economiche a rendere la situazione ancora più grave.
Giorgio è costretto a versare per la casa di Milano più delle metà delle sue entrate, a vedere la figlia con il contagocce a causa della distanza, e ad accettare che quest’ultima venga accudita da una sfilza di babysitter, mentre la mamma mette al primo posto il proprio lavoro.
La bambina inizia a soffrire questa mancanza di attenzione, si sente sempre più sola, privata dell’unica figura che fino ad ora si era presa cura della sua quotidianità e, nonostante questo fosse stato fatto presente al giudice, egli stabilì che una bambina così piccola sarebbe dovuta stare con la madre, ribadendo il collocamento presso di lei.
Da quanto denuncia il padre, la Ctu stilò una perizia non veritiera, in cui furono scritte molte cose che non erano mai avvenute, mentre furono taciute cose rilevanti relamente successe. Ci fu una forzatura nella lettura di tanti aspetti riguardanti la vicenda e la totale mancanza di considerazione per quanto voluto e chiesto dalla bambina.
Oggi la bambina ha 15 anni e vive con il padre ma non per merito della giustizia italiana.
Se le cose hanno avuto una risoluzione positiva, infatti, bisogna ringraziare la tenacia e la forza di volontà della figlia che, negli anni, ha dimostrato sempre con più veemenza il suo desiderio di vivere con il padre.
A sei anni dalla separazione, quando la bambina stava per terminare la scuola media, è emersa la sua forte sofferenza. In sede di divorzio il padre chiese un’altra perizia per ottenere un cambio di collocamento. La bambina, che si sentiva in colpa a causa di quanto stabilito dalla prima perizia, perché pensava di non essere stata convincente e chiara a sufficienza, chiese nuovamente di essere ascoltata.
La sua dichiarazione fu chiarissima, disse di non stare bene con la madre e di voler vivere con il padre. Ma nemmeno la nuova perizia riuscì a cambiare la cose: le ultime due pagine, in totale contrasto con quanto precede, consigliano di procedere il collocamento presso la madre, con la maggior parte dei weekend al padre.
Dopo un esposto all’ordine degli Psicologi della Lombardia, in cui contesta la perizia in otto punti diversi, utilizzando le varie registrazioni e le sentenze della Corte di Cassazione e della Corte Europea, il padre riceve un ulteriore risposta negativa.
E’ la figlia a dare una svolta alla questione: la convivenza con la madre diventa insostenibile, tanto che quest’ultima non riesce più a gestire la situazione e capitola, accettando il cambio di collocamento.
La ragazza, che oggi ha 15 anni, vive a Bologna con il padre e durante il weekend si reca dalla madre a Milano.
Il padre dopo anni di battaglie giuridiche, ha subito un enorme impoverimento e si è ritrovato nella più totale disperazione perchè impossibilitato ad uscire da questo vicolo cieco. Totalmente sfiduciato dai giudici, dagli avvocati, dagli psicologi che lo hanno fatto sentire perdente soltanto perché padre. I giudici, prendendo tali decisioni, danno ad un unico soggetto l’intero carico della separazione, attuando un provvedimento di brutale violenza.
Non è stato il giudice a cambiare orientamento, è stata la madre a cedere, al contrario non ci sarebbe stata nessuna giustizia.
Nessuno avrebbe rispettato le volontà di una ragazzina costretta a vivere in una situazione di disagio, di sofferenza e di solitudine, che avrebbe soltanto voluto poter decidere quello che era meglio per lei, che ha provato a dirlo, ad urlarlo, ma non è mai stata ascoltata.
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