I conti di deposito hanno rappresentato fino a qualche anno fa una buona soluzione di investimento, o piuttosto di risparmio, per coloro che volevano accumulare denaro con uno strumento semplice. I punti di forza di questa scelta sono molteplici. Innanzitutto si tratta di un investimento sostanzialmente liquido, in quanto in ogni momento è possibile ritirare il proprio denaro senza incorrere in penali o in lunghi tempi d’attesa. Si tratta inoltre di denaro protetto dai fondi interbancari in caso di insolvenza, ossia di fallimento della banca. Sono poi strumenti di facile comprensione per chiunque, non hanno infatti strani e difficili sistemi di calcolo di interessi, penali, commissioni eccetera. Si avrà solo l’indicazione di un interesse annuo lordo, che andrà poi decurtato della tassazione vigente e dell’eventuale imposta di bollo, quando non se ne faccia carico la banca.
Tuttavia negli anni il tasso di interesse offerto per questo tipo di strumento è andato via via abbassandosi, fino a raggiungere gli attuali livelli, cioè praticamente zero. Ecco quindi la necessità di trovare altre tipologie di investimento che uniscano un basso coefficiente di rischio ad una redditività un po’ più elevata. Il declino di questi prodotti è stato, inoltre, causato anche dalla comparsa dei cosiddetti conti correnti remunerati (qui maggiori informazioni), che, oltre a garantire la funzione di normali conti bancari assolvono anche a quella tipica dei conti deposito.
Diciamo subito che nell’attuale panorama economico di bassi tassi di interesse e quindi bassi rendimenti, non è affatto facile trovare qualcosa che coniughi i due criteri di cui sopra. Lo strumento finanziario che più si avvicina per caratteristiche e, purtroppo anche per rendimento, è il Buono Fruttifero Postale. Si tratta di titoli garantiti dallo Stato, liquidabili in ogni momento senza penali, e sottoscrivibile anche per importi minimi e con durate variabili. Non è soggetto ad imposta di bollo per importi fino a cinquemila euro e, cosa che lo rende molto interessante nonostante il basso tasso d’interesse, è il fatto che sia assoggettato ad una tassazione agevolata al 12,50 per cento sugli interessi maturati, a fronte di una tassazione più che doppia applicata ad altre forme di investimento.
Altro strumento sono i cosiddetti depositi vincolati. Questi sono molto simili ai conti deposito ma a fronte della decisione di lasciare il denaro sul conto per un periodo di tempo variabile da pochi mesi ad alcuni anni, verrà corrisposto dalla banca un interesse annuo maggiore. Qualora si avesse necessità di ritirare i fondi, si perderà il diritto all’interesse maggiorato e verrà liquidato il capitale con gli interessi maturati al tasso base, che è pari circa a quello dei conti di deposito. Anche i depositi vincolati sono soggetti ad imposta di bollo, della quale però molte banche ancora si fanno carico, ed a tassazione piena sugli interessi maturati, attualmente il 26 per cento.
Una opzione sempre percorribile sono i classici Buoni del Tesoro. Questi comprendono una ampia varietà di titoli emessi dallo Stato, con durate variabili da pochi mesi fino a dieci anni. Sono strumenti leggermente più complicati di quelli descritti sopra. Devono essere acquistati presso una banca, hanno tagli definiti e solitamente un po’ più alti dei buoni postali.
Devono essere mantenuti fino alla scadenza naturale del titolo o, in alternativa, rivenduti, di solito alla stessa banca dalla quale li abbiamo comprati, operazione che solitamente annulla il profitto che avrebbero generato. Per contro, pur essendo soggetti ad imposta di bollo ed attualmente abbiano rendimenti minimi, sono considerati i titoli sicuri per eccellenza: uno Stato che non rimborsa i propri titoli è considerato tecnicamente fallito. Inoltre anche essi sono soggetti alla tassazione agevolata al 12,50 per cento.
Meglio lasciar perdere le polizze vita miste come forma di investimento, a meno che non si abbia la reale volontà o necessità di assicurarsi contro un rischio. Sconsigliato inoltre il cosiddetto risparmio gestito: fondi di investimento comuni, misti e quant’altro. Ricordiamoci infatti che questi sono in tutto e per tutto investimenti a rischio, e seppur bassa, vi è comunque una possibilità di perdere in tutto o in parte i capitale investito. Inoltre hanno rendimenti teorici incerti e non sempre facili da calcolare. Se a queste pecche aggiungiamo che spesso gli alti costi di gestione e altri costi occulti vanno ad erodere il misero guadagno ottenuto, che va poi soggetto all’aliquota del 26 per cento, appare evidente come i fondi gestiti siano una opportunità di guadagno principalmente per i gestori.

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