Prima l’inserimento del paziente in uno studio clinico senza consenso informato specifico e senza autorizzazione del comitato etico, poi l’intervento eseguito con protesi che hanno avuto effetti avversi non segnalati al Ministero, che non è stato informato nemmeno sulla consegna delle protesi alla ditta, di cui non sono stati registrati i lotti utilizzati.
È quanto accaduto nel 2015 all’Ospedale Niguarda di Milano e che oggi è finito all’attenzione del Ministero della Salute, a cui l’associazione Codici ha inviato un esposto per chiedere di fare chiarezza. Il paziente, un uomo di 76 anni, era stato ricoverato nel reparto di Chirurgia per sottoporsi a terapie in grado di migliorare le sue condizioni ed invece ha iniziato un calvario.
Lo studio clinico
“Il paziente era affetto da una condizione polipatologica, in cui spiccava un’insufficienza aortica – spiega l’avvocato Ivano Giacomelli, Segretario Nazionale di Codici – ma ciò nonostante è stato inserito in uno studio clinico di cui non era stato informato, per il quale non aveva firmato il consenso e su cui non c’è stata nemmeno l’autorizzazione da parte del Comitato Etico. Siamo di fronte ad una serie di irregolarità che ci lasciano basiti e che purtroppo rappresentano solo una parte dei motivi che ci hanno spinto a richiedere l’intervento del Ministero”.
L’intervento
L’altro aspetto da chiarire in questa triste vicenda riguarda l’operazione. “Stando a quanto riportato sul verbale operatorio – dichiara l’avvocato Giacomelli – l’intervento è stato sospeso dopo diversi tentativi di posizionamento di ben due valvole aortiche sostitutive, entrambi falliti. Dopo alcuni giorni, è stato fatto un altro tentativo, che all’apparenza sembrava tecnicamente riuscito, ma che in realtà ha causato una serie di complicazioni, aggravate da infezioni legate all’assistenza. Le condizioni del paziente sono progressivamente peggiorate, fino al decesso”.
Il giallo delle protesi
Per fare chiarezza sull’intervento, il Codici ha chiesto anche informazioni sul materiale utilizzato nel corso dell’operazione. E qui la vicenda si tinge di giallo. “Dall’Ospedale Niguarda – afferma l’avvocato Giacomelli – ci è stato riferito che i dispositivi medici utilizzati nel tentativo d’impianto sono stati ritirati dalla ditta fornitrice e non è stata tenuta traccia dei relativi lotti. Una risposta inquietante, come la mancata comunicazione al Ministero dei problemi emersi nel corso degli interventi. Non abbiamo contezza del tipo di protesi utilizzato, del materiale con cui è fabbricata né di eventuali controindicazioni previste. A nostro avviso si tratta di un comportamento doloso, che fa ricadere sull’operatore sanitario e sulla struttura ospedaliera la responsabilità di quanto accaduto, avendo con coscienza e volontà assunto i rischi e cercato di occultare le prove dell’illecito. Tutto questo è inaccettabile – conclude il Segretario Nazionale di Codici – per questo abbiamo chiesto al Ministero di verificare l’accaduto e appurare eventuali responsabilità”.