L’albero, le luminarie, i regali, i pranzi e le cene. È il Natale, che tutti gli anni si porta dietro una serie di tradizioni.
Usi e costumi che sono più recenti di quanto si possa pensare e che hanno lo stesso nome e cognome, quelli di Charles Dickens.
Nell’Inghilterra vittoriana, il Natale era una festa sacra. I puritani disapprovavano gli eccessi e le influenze pagane, il Paese viveva un profondo stato di povertà.
Qui entra in gioco Charles Dickens, già scrittore affermato nel 1843 ed estremamente contrario alle condizioni di vita in cui versavano la maggior parte degli operai e le loro famiglie, anche per esperienza personale, avendo lavorato in fabbrica.
Per sollevare l’opinione pubblica sul tema, Dickens scrisse un saggio politico, ma temendo che non fosse abbastanza letto, decise di affidare le sue idee anche ad un racconto. Una storia di fantasmi, dal titolo “Canto di Natale”, che ottenne un enorme successo. Copie esaurite a tempi record e, soprattutto, lo scoppio improvviso della passione per il Natale.
Il racconto di Dickens ridiede fiato a vecchie tradizioni, in particolare ad una, quella dei canti di Natale, citati proprio nel titolo del suo lavoro. Ritenuti vecchi e fuori moda, tornarono prepotentemente d’attualità, con i cori che iniziarono a comparire nelle strade di molte città dopo il successo dell’opera dello scrittore. Ci fu poi la riscoperta anche dei regali, soprattutto ai bambini, della cena di Natale e di Babbo Natale.
Appartiene invece anche al Principe Albert la celebrità dell’albero di Natale. Fu il marito della regina Vittoria a portarlo nel 1840 in Inghilterra e decorarlo entrò di diritto nella tradizione, ovviamente grazie al racconto di Dickens.
Fonte: CODICI: Il Natale di Dickens
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