di Annamaria Villafrate – Per la Cassazione, che si pronuncia con la sentenza n. 7887/2020 (sotto allegata), devono essere accolti il primo e il terzo motivo del ricorso con cui l’imputata contesta l’omessa motivazione rafforzata della decisione della Corte d’Appello che l’ha condannata per il reato di molestia e disturbo alle persone di cui all’art. 660 c.p. Gli Ermellini rilevano inoltre la contraddittorietà del provvedimento nella parte in cui nega a carico della stessa il reato di violenza privata, ma poi la condanna al risarcimento per questa condotta. La sentenza d’appello quindi va annullata e rinviata al giudice competente. Atti persecutori: il giudice di primo grado assolve l’imputataPer la Corte d’Appello l’imputata è colpevole di molestia e disturboOmessa motivazione rafforza…

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