Il Giudice di Pace di Brindisi ha condannato Ryanair a risarcire due giovani salentini rimasti bloccati per diverse ore a bordo del volo Londra Stansted – Brindisi nell’agosto 2018, poi cancellato senza riprotezione.

È trascorso poco meno di un anno da quell’episodio, che nell’estate scorsa ebbe un grande risalto mediatico e, in ragione della sua gravità, portò alla presentazione di più interrogazioni parlamentari.

Ripercorriamo i fatti. Il 10 agosto 2018, verso le ore 13, i passeggeri del volo FR8105 Londra Stansted – Brindisi, saliti a bordo dell’aeromobile Ryanair, restano per oltre 3 ore in attesa della partenza, senza ricevere alcuna assistenza, neanche un bicchiere d’acqua, o informazione sulle cause e la durata del ritardo, fino a quando vengono fatti scendere e invitati a recarsi presso un altro gate dell’aeroporto per procedere a un nuovo imbarco. Verso le ore 18 i passeggeri salgono a bordo del medesimo aereo, dove restano ancora una volta in attesa per circa 2 ore, finché gli viene comunicata la cancellazione definitiva del volo. Scesi dall’aereo e ormai esausti, i passeggeri sono costretti ad attendere fino alle ore 23 per recuperare i propri bagagli e fino alle ore 8 del mattino seguente per chiedere allo sportello aeroportuale Ryanair la riprotezione sul primo volo utile successivo, riprotezione che è stata di fatto negata, essendo stato proposto un volo in partenza 5 giorni dopo, senza la copertura delle spese per vitto e alloggio fino alla ripartenza, in spregio a quanto previsto dalla normativa vigente. I due giovani leccesi, protagonisti di questo viaggio da incubo, sono stati così costretti a organizzare, a propria cura e spese, il rientro a Brindisi, prenotando il primo volo disponibile (Alitalia) da Heathrow del 12 agosto, con scalo a Fiumicino, e un albergo nei pressi dell’aeroporto, giungendo infine a Brindisi solo alle ore 21.45, ossia con 2 giorni di ritardo rispetto al previsto.

A fronte della gravità dell’accaduto e delle plurime negligenze poste in essere da Ryanair, il vettore ha risposto al reclamo inviando una liberatoria per un importo di soli 500 euro, 250 euro a passeggero, senza tener conto non soltanto dei disagi e delle spese sostenute per il rientro, ma anche dell’importo di 400 euro ciascuno inderogabilmente previsto dall’articolo 7 Reg. CE 261/2004 per la tratta in questione. Alla luce di tutto questo, i due passeggeri si sono rivolti all’Avvocato Stefano Gallotta, Responsabile di Codici Puglia e del settore Vacanze di Codici, che ha citato in giudizio la compagnia. Arriviamo così ai giorni nostri. Con sentenza del 28 giugno, il Giudice di Pace di Brindisi Avvocato Giuseppe Capodieci ha accolto le domande avanzate dal difensore dei due passeggeri, condannando Ryanair, costituitasi in giudizio, a risarcirli per l’ulteriore importo di circa 2.050 euro oltre interessi e spese legali, riconoscendo il diritto alla compensazione pecuniaria, al rimborso delle spese sostenute per il soggiorno a Londra fino alla ripartenza e per il volo Alitalia, nonché un ulteriore importo di 600 euro per danni non patrimoniali, stante la gravità dell’accaduto.

“Con questa pronunzia – dichiara l’Avvocato Stefano Gallotta – si riconosce finalmente un giusto ristoro per le vittime di quell’incredibile ma non isolato episodio che occupò le prime pagine dei giornali e interessò l’aula parlamentare. È bene rammentare che, in caso di cancellazione del volo, la riprotezione deve avvenire nei tempi più ristretti possibili e nell’interesse primario della vittima della cancellazione, sicché l’aver proposto una riprotezione su un volo in partenza ben 5 giorni dopo, senza neppure coprire le spese per vitto e alloggio fino alla nuova partenza, concreta precise violazioni del Reg. CE 261/04 e legittima l’ulteriore condanna al rimborso di tutte le spese sostenute a causa della cancellazione, per albergo, trasporti alternativi e parcheggi, e ai danni conseguenti alla mancata assistenza. I passeggeri del volo in questione – conclude il Responsabile di Codici Puglia e del settore Vacanze di Codici – potranno utilizzare questa pronunzia, a seguito del relativo passaggio in giudicato, per far valere i propri diritti lesi dal vettore”.

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