Voilà la vita spesa a fare la spesa. Un crescendo rossiniano per una musica da organetto. Questo ci tocca fare per mantenere il nostro tenore di vita. Quanto ci costano questi vocalizzi da operetta? Redditi insufficienti, sovraindebitamento, monnezza che ci soffoca, relazioni umane sacrificate alle liturgie acquisitive. Non è un bel vedere.
C’è stato affibbiato un compito: offrire garanzia di consumazione del prodotto, costi quel che costi. Per i costi sociali delle allucinate solitudini ci pensa la letteratura sociologica; i costi ambientali li fa l’ecoeconomo. Facciamo almeno quelli delle nostre tasche. I consumatori Usa, con 2.560 mld di $ impiegati per il Credito al Consumo, mostrano la loro solerzia e con un oceano di fallimenti individuali la loro abnegazione. Se tanto ci dà tanto: quale futuro per il nostro futuro?
Lo 0,7% del Pil Usa, generato dal business del credito, non lenisce le nostre pene; le alchimie finanziarie a supporto del debito, che scoppiano come bolle di sapone, neppure: buio in fondo al tunnel. Dobbiamo rimboccarci le maniche epperchennò mettere a profitto il Valore delle nostre azioni. Tutte.
La garanzia di consumazione del prodotto, la nostra FIDUCIA, l’impiego del nostro tempo, l’attenzione, il denaro pure la prodigalità: insomma la pratica quotidiana dell’Azione. Questo il nostro contributo: un vero e proprio LAVORO. Se retribuito potrà dare sprone alla baracca. Se solidale dare ristoro a quelle solitudini. Rassettare l’ambiente per non lavorare “immondezzati” diventa un obbligo. E poi, giova farne tesoro, un ambiente consumato non possiamo consumarlo.
P.S.
Vista la congiuntura sfavorevole delle nostre finanze offriamo l’acquisto a prezzi modici.
Mauro Artibani, l’economaio
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