E’ la storia di una donna di Pordenone, alla quale a causa delle sue denunce, sono stati portati via i suoi figli.
Una donna che voleva esclusivamente proteggersi, difendere sé stessa e i suoi bambini, ma che in seguito all’intervento degli assistenti sociali e del Tribunale dei minori, si è ritrovata da sola, con i suoi figli collocati in una struttura per minori.
Vittima non solo di un marito violento, ma di un sistema che piuttosto di proteggere e far sentire al sicuro le vittime allontando il carnefice, usa una violenza ancor più grande privando una mamma dell’unica cosa che conta, la presenza dei suoi bambini.
Come può un giudice addurre come motivazione di allontamento per i figli una “conflittualità” di coppia, quando ci troviamo di fronte ad una vera e propria situazione di violenza domestica, ci pare un po’ riduttivo.
Sulla scia dei tristi casi di cronaca che coinvolgono le donne, è chiaro e preciso l’invito delle autorità a denunciare con forza.
Si parla tanto di femminicidi, di violenza sulle donne, e quando una donna trova il coraggio e la forza di denunciare tutto, si ritrova a dover lottare contro le istituzioni, vedendosi privare dei propri figli.
Lo Stato, il Tribunale, quel giudice e quegli assistenti sociali avrebbero dovuto tutelare quella donna permettendole di vivere con i propri figli sentendosi al sicuro, sentendosi protetta.
Un sistema continuamente messo in discussione dallo spregiudicato operato di assistenti sociali, giudici e Tribunali, che piuttosto di tutelare e perseguire il bene dei minori coinvolti in vicende di separazione e violenza, si fanno “forti con i deboli e deboli con i forti”, come scrive questa mamma nella lettera inviata alla Presidente della Camera Boldrini.
Ci aspettiamo che le persone che si occupano di tutela di minori in questi contesti di violenza subita, abbiano la preparazione, la professionalità e tutti gli strumenti a disposizione per attuare provvedimenti che siano davvero la scelta migliore per i minori coinvolti.
Da una panoramica sulla formazione degli assistenti sociali appare alquanto carente l’approfondimento della psicologia e di tutta una serie di insegnamenti utili per comprendere le probabili conseguenze delle proprie scelte che impattano irrimediabilmente sulla condizione psicologica dell’intero nucleo familiare prima e dei singoli poi. Se così non fosse e le nostre informazioni fossero parziali, ci venga comunicato il contrario.
Ci sfugge il fine di questo provvedimento, che pare solo un modo per generare sofferenza nella mamma e soprattutto nei bambini, costretti a vivere in una comunità protetta.
L’appello di questa madre a riavere i suoi figli deve essere l’appello di ognuno di noi, affinché mai le istituzioni abusino in questo modo del proprio potere, affinché chi emette tali provvedimenti si renda conto della situazione che sta gestendo e sia in grado, possedendo tutti gli strumenti necessari, di prendere la decisione migliore per i genitori e per i bambini, su cui graverà tutto il peso di conseguenze psicologiche che non si cancellano con un provvedimento successivo e che, per questo motivo, non possono essere prese con tale superficialità.
Fonte: CODICI:
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