Importante evidenziare come, malgrado il nome in comune di “rapaci”, gli strigiformi non abbiamo alcuna effettiva stretta parentela con in rapaci diurni (ordine degli accipitriformi). Per avere un’idea basti pensare che il rapporto di parentela filogenetica tra un aquila reale e un gufo reale non è molto dissimile da quello intercorrente tra un tacchino e un corvo. In poche parole le loro similitudini sono dovute principalmente a dei co-adattamenti alla predazione (fenomeno della convergenza evolutiva).
L’allocco è diffuso in tutta Italia (ad eccezione della Sardegna) ed è lo strigiforme più facilmente avvistabile, questo perché, sebbene il suo habitat naturale sia l’ambiente forestale, ben si adatta agli ambienti agricoli e antropizzati (non è raro vederlo negli anfratti di monumenti dei centri storici). Oltre che in Italia lo si trova anche in gran parte dell’Europa, Asia e Africa del Nord.
Il piumaggio è molto morbido (caratteristica comune a tutti gli strigiformi) ed è dovuto alla presenza di un “velluto” che ricopre tutte le piume. Questo “velluto” e le remiganti primarie frangiate fanno si che i vortici d’aria prodotti durante il battito delle ali siano ridotti al minimo e, quindi, che il volo dell’animale sia estremamente silenzioso, molto utile per cogliere di sorpresa le prede.
Gli occhi dell’allocco (cosi come quelli di tutti gli strigiformi) sono molto grandi ed hanno un’alta concentrazione di bastoncelli nella retina (cellule fotosensibili che consentono la visione in caso di scarsa luminosità). Ciò gli permette una visione notturna migliore rispetto a quella umana, ma, alla resa dei conti, non sufficiente per avere un’accurata percezione dell’ambiente, soprattutto nelle notti meno luminose.
Ad ogni modo questo non rappresenta un problema nella ricerca del cibo/preda, infatti l’allocco e in generale tutti gli strigiformi cacciano con l’udito e non con la vista.
Quindi, tra tutti i sensi, è sicuramente l’udito a farla da padrone. Gli strigiformi hanno i padiglioni auricolari in posizione asimmetrica (migliore capacità di riconoscimento posizionale nelle tre dimensioni) e i dischi facciali intorno agli occhi, una sorta di “parabole” che amplificano anche i suoni più impercettibili. Grazie a questi adattamenti un piccolo animale (ovvero una potenziale preda) può essere individuato con precisione millimetrica a decine di metri di distanza, anche se nascosto da foglie e/o erba.
Il nutrimento primario dell’allocco è costituito da piccoli roditori e invertebrati (lombrichi, lumache e insetti), che sono catturati durante le ore notturne. L’animale ingoia la preda intera e in seguito espelle dalla bocca un rigurgito (detto borra) formato dalle parti indigeste.
La borra, oltre all’evidente funzione di espellere le parti della preda che non possono essere assimilate, ha il compito più generale di tenere pulito e in buona salute l’apparato digerente.
Gli allocchi nidificano tra febbraio e giugno, usando come nido cavità naturali (principalmente gli incavi degli alberi) o anfratti artificiali (numerosi nelle vecchie mura dei centri storici).
Le uova deposte vanno da 2 a 4 e i cuccioli sono in grado di volare in sole 5 settimane dalla schiusa, sebbene le cure parentali durino per altri ulteriori 3 mesi.
L’allocco, diversamente da altri strigiformi come il gufo comune e il barbagianni, ha le ali piuttosto robuste e corte, fatto che gli conferisce un volo meno agile, ma più rapido e quindi maggiormente adatto alle zone impervie ricche di vegetazione (tipiche del suo habitat naturale).
Mediamente un adulto misura 38-40 cm in lunghezza, ha un’apertura alare di 90-100 cm e un peso di 500-600 grammi. C’è un lieve dimorfismo sessuale in favore delle femmine, che in media sono più lunghe del 5% e più pesanti del 25%.
Il colore delle piumaggio dell’allocco è simile a quello della corteccia di un albero, mimetizzandosi, così, molto bene nel bosco. Il mimetismo viene utilizzato sia per sfuggire da eventuali predatori, che per rendersi “invisibile” alle potenziali prede.
Fonte: CODICI: L’allocco
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