{"id":136958,"date":"2017-10-17T03:02:17","date_gmt":"2017-10-17T01:02:17","guid":{"rendered":"http:\/\/consumatori.org\/2017\/10\/17\/2670-industria-4-0-l-evoluzione-obbligata-html\/"},"modified":"2017-10-17T03:02:17","modified_gmt":"2017-10-17T01:02:17","slug":"2670-industria-4-0-l-evoluzione-obbligata-html","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/consumatori.org\/2017\/10\/17\/2670-industria-4-0-l-evoluzione-obbligata-html\/","title":{"rendered":"Industria 4.0: l'evoluzione obbligata"},"content":{"rendered":"
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\"Industria<\/div>\n
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Sin da bambini ci hanno insegnato che nel corso della storia si sono susseguiti via via dei “macro-periodi” che hanno per sempre rivoluzionato le epoche a venire, apportando il cosiddetto “breakthrough” come direbbero i Queen: la macchina a vapore, i nuovi trasporti, fino ad arrivare alla rivoluzione informatica, la vera protagonista della nostra epoca. Da qualche mese rimbalza nella rete l’abbreviazione 4.0, identificativo che connota un nuovo approccio gestionale sia al ciclo produttivo e, in un’accezione pi\u00f9 ampia, a tutto il concetto delle risorse umane ivi connesso. Ma questo 4.0 cosa va a denotare? Cerchiamo di fare chiarezza in questa dicotomia fatta di sigle e numeri. Il concetto di industria 4.0 rimanda a un approccio ex novo del lavoro che si sta via via diffondendo, e che prevede la digitalizzazione del settore manifatturiero e un massiccio ricorso ai big data, ottenendo ci\u00f2 che i tecnocrati definiscono un adattamento “real-time”. Questo vero e proprio vento di cambiamento che si andr\u00e0 via via diffondendo, permetter\u00e0 da un lato di snellire il sistema produttivo, garantendo pi\u00f9 flessibilit\u00e0 nel ciclo produttivo e abbattendo notevolmente i costi, e dall’altro permetter\u00e0 alle imprese di prevedere i cambiamenti (punti di forza e di debolezza) del loro settore grazie alle analisi previsionali condotte tramite il cloud. A dar manforte a questa rivoluzione, definita da molti imminente, vi \u00e8 una ricerca condotta da Markets&Markets, un celebre sito specializzato in previsioni di mercato, che sottolinea come entro il 2022 il valore dell’industria 4.0 ammonter\u00e0 a circa 152,31 miliardidi dollari, con un tasso di crescita del 14,72 (crescita percentuale anno per anno). In Italia, secondo i dati di una ricerca di The European House Ambrosetti, il giro d’affari si ferma a 1,8 miliardi di euro nel 2016. Quali sono i motivi di questo “ritardo” nella corsa all’innovazione? Sicuramente \u00e8 bene ricordare che il tessuto industriale italiano \u00e8 formato da piccole realt\u00e0 industriali, soprattutto piccole e medie imprese manifatturiere, entit\u00e0 poco ramificate e che investono poco nell’innovazione, optando per una gestione tradizionale. \u00a0A tal caso il “bel paese” ha un vero e proprio divario tecnologico con il resto dell’Europa: come riporta il Sole24Ore, “la Germania \u00e8 considerata a oggi, uno dei paesi di avanguardia in un processo che vede coinvolti grossi gruppi industriali, poli universitari e startup agevolate a livello fiscale”. In Europa vengono concessi sempre pi\u00f9 finanziamenti e agevolazioni fiscali verso quelle realt\u00e0 industriali che decidono di trasformare \u00a0e aggiornare il loro ciclo produttivo, conformandolo secondo i modelli di connessione e integrazione digitale. E in Italia? Il piano nazionale industria punta a mobilitare circa 80-90 miliardi di euro nel settore ricerca e sviluppo, un giro d’affari esponenziale se paragonato ai finanziamenti concessi a strartup e imprese innovative, che nel 2016 erano di appena 200 milioni di euro. Ma non \u00e8 tutto: investire in tecnologie e in macchine non \u00e8 la chiave di volta. L’italia \u00e8 uno dei paesi meno digitalizzati di tutta Europa: il ritardo da colmare non \u00e8 solo riconducibile al tema delle infrastrutture e della banda larga, ma anche alla grave mancanza di figure tecniche specializzate, come Iot manager, esperti di cybersicurezza, analisti di business digitale tanto per citarne qualcuno. Tra opportunit\u00e0 e rischi, non sono venute meno le critiche; numerosi lavoratori hanno paura di essere sostituiti da processi sempre pi\u00f9 automatizzati che lasceranno spazio ai robot, un fattore che non dovr\u00e0 essere preso sotto gamba soprattutto nel primo semestre del 2018, come riporta il sito americano Gartner. Altri ancora nutrono dubbi circa la possibilit\u00e0 di dover aggiornare le loro competenze: i dati del Sole24ore riportano che circa il 40% dei lavoratori italiani dovr\u00e0 tenersi al passo con la tecnologia, onde evitare di essere travolto da questo “tsunami” tecnologico. Tra posti di lavoro che si creano, figure professionali che scemano, opportunit\u00e0 e rischi incombenti, il digitale \u00e8 una realt\u00e0 con la quale dobbiamo fare i conti: pu\u00f2 essere un grande amico o un grande nemico, tutto sta nel saperlo fare nostro e abbracciare tutto ci\u00f2 che ne concerne. Ma questo \u00e8 un po il tratto distintivo dei nostri tempi, la conseguenza di un mondo sempre pi\u00f9 interconnesso e ultra-avanzato; entro il 2020 avremo il quadruplo dei dispositivi connessi alla rete, automobili che dialogono tra loro, banchi di dati impressionanti. Saper leggere e prevedere questo cambiamento sar\u00e0 l’asso nella manica per le generazioni di giovani che oggi faticano a trovare lavoro, ma anche per i “new comers”, i veri nativi digitali dei nostri giorni. Ma a dispetto di questo mare magnum di osservazioni e delucidazioni la domanda \u00e8, l’industria del digitale pu\u00f2 essere davvero l’elemento trainante per uscire dalla crisi?<\/span>
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\nFonte: CODICI: <\/p>\n

Industria 4.0: l’evoluzione obbligata<\/div>\n

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